Siamo nel più antico, vasto e popolato centro abitato della Sila, a San Giovanni in Fiore, cittadina legata alla figura dell'abate Gioacchino da Fiore, monaco esegeta del XII secolo, che qui fondò il monastero di San Giovanni in Fiore e la Congregazione florense.
Nello storico albergo di famiglia, trasformato in uno splendido, raffinato resort, la ristorazione va di pari passo con l'accoglienza a tutto tondo.
In cucina c'è il giovane Antonio Biafora, tra le rivelazioni della nuova storia culinaria calabrese, che firma una cucina tutta incentrata sui profumi e sapori della montagna con qualche timida incursione marina.
Tutti i piatti utilizzati da Antonio e dalla sua famiglia sono legati da un concetto di sostenibilità del territorio, sia esso sociale, culturale, della memoria o ecologico. Antonio suggerisce senza timidezza la Calabria come futura meta del turismo gourmet.
Tra le ricette che si possono assaggiare nei menù degustazione, in questa stagione troviamo: insalata di fagiano; panzanella di pomodoro e granita di cipolla; gnocco di carote e ricotta, variazione di zucchine; trota, tzatziki di capra e sorbetto di cetriolo; fico, crudo di podalica ed emulsione di pane; stroncatura, cipolla, la sua cenere e sardella; tortello di melanzana, acqua di pecorino e limone in conserva; quaglia, salsa acciughe, porcini e fiori di sambuco; fiore di zucca e finocchietto selvatico; mandorla, vino rosso e pescanoce...
Antonio Biafora
Chef
Antonio Biafora, classe 1985, cresciuto nelle cucine del resort di famiglia, dopo aver frequentato l’Alma, Scuola Internazionale di Cucina Italiana, la più importante scuola di cucina in Italia e tra le più influenti al mondo, offre l'occasione di poter godere di portate sempre fresche nella concezione come nel sapore, descrittive dei mille volti e delle mille sfumature della Sila. Entra di prepotenza nella nouvelle vague calabrese, collaborando con i colleghi per sperimentare e creare una cultura “calabrese”. Nel gennaio del 2020 apre Hyle, un ristorante senza barriere, 1 stella Michelin.
Lo chef-patron dell’Hyle sulla Sila concentra al tempo stesso “Tempo”, “Radici”, “Ricerca” e “Tecnica”: declinandoli in altrettanti nuovi piatti, che raccontano l'ingente crescita gastronomica del suo ristorante: «Il futuro è conoscenza e la conoscenza va analizzata in quattro punti. Un’idea per ogni punto. Un piatto per ogni idea».
Antonio non tralascia nulla del suo territorio. Attinge da un paniere ricchissimo per ricomporre una sua visione della Calabria tanto popolare quanto sofisticata. E la dichiara 'a chiare lettere': "avere un’ala del ristorante senza barriere tra chi cucina e chi mangia, in cui si raccontano gli alimenti. Sdoganare i vecchi cliché sedimentanti nel tessuto regionale della ristorazione calabrese, che troppo spesso confonde una cucina di quantità con una cucina di qualità. Avere rispetto. Il rispetto per gli altri, il rispetto per la materia prima, il rispetto per le stagioni ed il rispetto per il lavoro degli artigiani che ruotano intorno alla ristorazione".